Le Patologie Dell’alveare: La Peste Americana

Tra le patologie che interessano la covata, una tra le più diffuse e sicuramente la più grave è la pesta americana. Da non confondere con la peste europea, questa malattia presenta segni distintivi inequivocabili e, una volta diagnosticata, difficilmente si riesce a salvare la famiglia.
Le Patologie Dell’alveare: La Peste Americana

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Le cause della peste americana

Essa è causata da un batterio sporigeno anaerobico, il Paenibacillus larvae, che colpisce le larve nei primi giorni di vita. Le spore di questo batterio sono molto resistenti e possono rimanere vitali anche per 30-40 anni. Presentano, inoltre, una forte resistenza al caldo (sottoposte a una temperatura di 100°, periscono solo dopo una trentina di minuti) e ad altre sostanze. Il loro principali bersaglio sono le larve nelle loro prime 24 ore di vita. Le spore, infatti, germinano solo nell’intestino delle larve in quanto quest’ultime non possiedono né meccanismi né sostanze in grado di inibirne lo sviluppo. Più la larva è giovane, meno spore servono per infettarla: ne bastano 10 nelle prime 36 ore dalla nascita, ma in larve di 4-5 giorni di vita ne servono più di 10 milioni

Come funziona?

Nel giro di 24-48 ore dalla penetrazione della spora, questa completa la sua germinazione, trasformandosi in bacillo. Nell’arco di 7 giorni, la larva infettata muore, generalmente in stadio di larva matura, prepupa o pupa. Una volta che si verifica la morte della larva, si può effettivamente considerare la famiglia come malata, in quanto la larva contiene numerosissime spore (circa 3 milioni) che verranno poi diffuse in tutto l’alveare. È stato calcolato che sono necessari circa 50 milioni di spore per poter infettare una famiglia, anche se una famiglia forte, non sottoposta a stress di vario genere, può benissimo non ammalarsi se non entrando in contatto con un numero spropositato di spore (fino a 300 miliardi!) [Contessi, 2016].

I sintomi

I sintomi che permettono di riconoscere questa grave patologia sono piuttosto chiari e, anche se la maggior parte delle diagnosi avviene grazie all’ispezione visiva della famiglia, si possono anche utilizzare degli specifici kit presenti in commercio oppure si ricorre alle analisi in laboratorio. Essendo una malattia della covata, è proprio questa a dover essere analizzata per capire se siamo davanti a un vero e proprio caso di peste americana. Innanzitutto, la covata si presenta non compatta, con opercoli più scuri o infossati o, addirittura, perforati nel loro centro. Un altro elemento che si nota subito è l’odore, descritto come acido, fetido e di putrefazione. Le larve perdono la loro normale colorazione madreperlacea per diventare prima giallognole e poi marrone scuro, con una consistenza vischiosa. Nel corso di 6-7 settimane, la larva morta si secca, presentandosi sottoforma di una scaglia nera attaccata alla parete della celletta.

Come fare la diagnosi

Una volta constatati questi sintomi, bisogna accertarsi della diagnosi. La prova più diffusa è quella dello “stecchino”. Essa consiste nell’inserimento di uno stecchino all’interno della cella contenente una larva morta. Se estraendolo ne emerge un filamento color nocciola, dalla consistenza elastica che può allungarsi fino a qualche centimetro, allora si è davvero in presenza di peste americana. Altri strumenti di diagnosi possono essere appunto gli appositi kit oppure il ricorso ad analisi di laboratorio, che possono restituire un sicuro verdetto. Una volta certi di essere di fronte a un alveare infetto da questa patologia, è necessario procedere con la denuncia ai servizi sanitari competenti (ATS).

Trasmissione

Come si trasmette questa patologia? All’interno dell’alveare, il contagio avviene tramite l’ape operaia. Ripulendo le celle cariche di spore, esse si fanno vettore della malattia, diffondendole in tutto l’alveare. In questo modo, le nutrici nutriranno le larve con cibo infettato, contribuendo alla diffusione della malattia. È possibile che le spore siano naturalmente presenti nell’alveare, ma se sono un numero esiguo e la famiglia è forte, la malattia può non manifestarsi. Il problema emerge quando enormi quantitativi di spore si vengono a trovare nell’alveare. I metodi di trasmissione sono svariati. In primis, bisogna stare attenti al trasferimento di materiali (arnie, favi, miele), in particolare i favi contenenti larve o pupe morte. Successivamente, una delle cause principali del contagio viene individuata nel saccheggio, soprattutto a opera di famiglie forti che attaccano quelle malate più deboli.

Apicoltore

Un altro fattore di diffusione delle spore è sicuramente il ricorso a pacchi d’api infetti oppure l’acquisto o il recupero di sciami infetti di dubbia provenienza. Anche l’apicoltore gioca un ruolo cruciale in questo fenomeno. L’utilizzo di attrezzatura apistica contaminata può determinare il contagio anche delle altre famiglie, così come la somministrazione di miele e polline contenenti spore. Per questo si consiglia di disinfettare periodicamente le attrezzature e di alimentare le proprie api o con alimenti di origine certa, di cui si può essere sicuri, oppure con sciroppi e canditi preparati con zuccheri industriali. Infine, anche il fenomeno della deriva può contribuire sensibilmente alla diffusione delle spore, anche se non viene identificata come una delle principali cause.

Fattori di rischio e prevenzione

Bisogna, inoltre, considerare alcuni fattori di rischio che è bene evitare per cercare di controllare la diffusione di questa malattia. Non è buona pratica il recupero di alveari abbandonati, di cui non si conosce la provenienza e che possono essere vettori di varie malattie. Inoltre, è vivamente consigliato il cambio periodico dei favi e anche quello delle regine, soprattutto se hanno manifestato una maggiore sensibilità genetica alla malattia. A livello di prevenzione, si consigliano controlli periodici dello stato di salute, in modo tale da individuare la patologia quando non è ancora estremamente diffusa. È anche opportuno rispettare le buone pratiche apistiche, evitando di farsi vettore del contagio o di agevolarlo.

Le cure

Una buona prevenzione è spesso l’unico modo per affrontare questa malattia. Non esiste, infatti, una cura ufficialmente riconosciuta, anche se è molto diffuso il trattamento della malattia con vari tipi di sostanze che, tuttavia, non risolvono il problema, ma lo contengono solo parzialmente, rischiando una successiva ricaduta con un’esplosione maggiore della malattia e, quindi, un contagio dell’apiario più diffuso. Generalmente, una volta diagnosticata la peste americana, si procede all’eliminazione completa della colonia con il fuoco e alla sterilizzazione del materiale infetto (arnia, attrezzatura, ecc.).

La “cura famis”

Una pratica, invece, che viene adottata per cercare di salvare le api adulte di una colonia è la cosiddetta “cura famis“. Questa consiste nel trasferimento delle api adulte (con regina ingabbiata) in arnie sterili, con fogli cerei non costruiti, dove vengono chiuse per qualche giorno senza alimentazione dando loro la possibilità di consumare tutto il miele infetto contenuto nella loro borsa melaria. Passato qualche giorno, si procede alla rimozione delle api in un’altra arnia sterile con nuovi fogli cerei e all’eliminazione di tutto quello che hanno costruito durante il periodo di “reclusione”. A ciò di solito deve seguire anche la sostituzione della regina, per impedire lo sviluppo di successiva covata particolarmente sensibile al batterio.

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Tuttavia, questa pratica non risulta particolarmente efficace. Oltre a poter essere eseguita solo con famiglie forti, che hanno possibilità di riprendersi, e nei periodi dell’anno favorevoli allo sviluppo della famiglia, è molto costosa a livello di tempo e di denaro, oltre a richiedere particolare destrezza e attenzione, pena una maggiore diffusione del contagio. Per questi motivi, ad oggi l’unico metodo davvero sicuro per affrontare la peste americana è attraverso l’eliminazione della famiglia infetta e alla successiva sterilizzazione di tutto il materiale entrato in contatto con essa. Questa procedura, per quanto difficile da accettare, consente il contenimento della malattia e la preservazione delle altre famiglie.

Monitora in tempo reale lo stato di salute delle tue api

Il tempismo è quindi di fondamentale importanza. Individuare per tempo l’insorgenza di questa patologia potrà non salvare quella famiglia, ma vi eviterà di contagiare e perdere tutti gli altri alveari limitrofi, compresi anche quelli degli apicoltori vicini. Scopri i vantaggi di un monitoraggio in tempo reale da remoto per poter tenere sempre sotto controllo le tue api! Scorpi i dispositivi 3Bee, proteggi le api con la tecnologia e monitora constantemente lo stato di salute delle api.

Di Elena 3Bee7 giugno 2022Condividi

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